Ribolla Gialla, bellezza estrema
Nessuna fotografia questa volta, né
ai vini né alle etichette né ai volti dei produttori presenti in sala. Voglio
che le mie parole stimolino in voi, cari lettori, le stesse sensazioni che ho
provato assaggiando questi vini ad occhi chiusi. Sperando di non addormentarvi,
ovviamente.
Dove siamo? Oslavia, terra di battaglie e morti al di là dell’Isonzo, paese di ciliegi e vigne, terra di uomini autentici,
rudi, veri. Oslavia, frazione di Gorizia, a circa due chilometri dal centro
urbano, sulle propaggini orientali del Collio. Parlare di Oslavia vuol dire
fare memoria: 57’740 soldati in maggioranza italiani,
per lo più ignoti, riposano nel Sacrario Militare;
uomini, giovani per lo più, morti nel corso delle undici battaglie che ebbero
luogo in questi posti durante la Grande Guerra. No Signori, non si può
prescindere da questi fatti avvicinandosi alla Ribolla Gialla di Oslavia.
Tant’è che Dario Princic ci ricorda che alcuni vigneti di coloro che fanno
parte dell'Associazione Produttori Ribolla di Oslavia, Zdruzenje
Proizvajalcev Rebule iz Oslavja, si trovano proprio a ridosso di
antiche trincee ormai in disuso. L’asprezza
del territorio carsico finisce per fare tutt’uno con la tragedia che qui si è
svolta.
Produrre grandi vini è un affare
rischioso, bisogna camminare su una linea di confine. E questi produttori lo sanno
bene, ci sono nati su un confine.
Dove siamo? Oslavia, terra di
frontiera, impastata di vita e cultura austriaca, asburgica più che italiana.
Slavi, germanici, latini. È solo dalla fine della Prima Guerra Mondiale che
Oslavia diventa italiana, presa, strappata, conquistata. L’ultima volta fu sotto i Veneti (Italiani?), ancor prima di Napoleone, quando i
fautori dell’unificazione italiana di 151 anni fa non erano ancora nati. Appartenenza e identità son concetti da
affrontare con rispetto, innanzitutto ascoltando chi ci vive in questi luoghi.
Passiamo al bere, passiamo alla Ribolla Gialla di Oslavia, cru che o si ama o si evita. Bisogna prender posizione di fronte a questi vini che mettono in difficoltà sia il consumatore meno esperto che il sommelier di grido. Parlare di tannini in un vino bianco, mette i brividi a chiunque conosca un po' di grammatica di base dell'enologia. Ma è proprio questo l'esercizio che richiedono queste bottiglie: dimenticarsi le abitudini che la tecnica in sè fa credere giuste e vere. Senza metterle in discussione nemmeno un po'. Osare, prendere il largo, andare oltre. E quindi lunghe macerazioni sulle bucce, lieviti indigeni, nessuna filtrazione, bassissima solfitazione, vini bianchi vinificati in rosso, da servire a temperatura ambiente. Da brividi, come appunto dicevo prima.
Ribolla gialla 2010 - Fiegl, una delle famiglie da sempre
presente ad Oslavia, un po' tedesca, un po' italiana, un po' slovena. A detta loro (uso la terza persona plurale, incredibile come si muovano insieme come Associazione, lasciando il giusto spazio alle singole aziende ma ragionando di "comunità" per il bene comune, grande esempio per tutti) e a detta mia, il vino più fragrante, più fruttato, più accessibile anche al consumatore classico. Ci ritrovo molta frutta, albicocca e pesca soprattutto. Poi spazio al floreale mentre si rimane colpiti dalla lucentezza dell'ottimo giallo paglierino. In bocca secco, di buona acidità ("la Ribolla ci regala un ph particolarmente sbilanciato sull'acidità, ottimo conservante naturale" ci tengono tutti a ricordare). Vino da servire fresco, forse quello che più ricorda un classico vino bianco del Collio goriziano.
Ribolla gialla 2008 - Primosic, famiglia di viticoltori dall'Ottocento; siamo di fronte a una riserva, a mio avviso il vino più apprezzato dal pubblico presente in sala proprio perchè si pone in mezzo, tra la classicità di Fiegl e l'avanguardia, difficile da capire per molti ma grande e unica per il sottoscritto, di Stanko Radikon. Non sconvolge i sensi e non mina ancora alcuna certezza quel suo bellissimo colore tendente all'ambra e quei profumi dolci, speziati, di acacia, di caramello, di eccezionale intensità e di superba complessità. In bocca l'attacco è ottimo, sapido, secco, lungo, di buona morbidezza ma con un acidità che spadroneggia. Sentori complessi che virano verso la frutta secca, da abbinare con uno splendido prosciutto dell'altopiano carsico.
Ribolla gialla 2008 - Il Carpino, cantina sorta nel 1987; accento sulla "a", per evitare toscanizzazioni del nome. Qui si inizia il percorso verso la follia. Il vantaggio di aver vicino i produttori è tutto nel lasciarsi prender per mano e ascoltare le loro idee. Vino tannico, astringente, a tratti amaro quando lo apriamo un'oretta prima della degustazione a temperatura di frigorifero. Poi il tempo e la temperatura fanno il loro mestiere: di colore dell'oro, sentori simili a un passito delle Lipari, frutto di un'annata pazza in tutto il Friuli ma eccezionale ad Oslavia. Berlo ad occhi chiusi significa ingannarsi e pensare a un vino rosso giovane e scalpitante, di buon equilibrio, decisamente secco, con una forza tannica che non capisco, mi disorienta. Lungo, lungo, davvero lungo. Con cosa lo abbino? Non lo so, mi sto iniziando a perdere.
Ribolla gialla 2007 - La Castellada, un forte senso di radicamento al colle di Oslavia. Oro antico, con riflessi mai visti che ricordano le dita di rosa delle albe di Omero. A cosa sono di fronte? Non ho più riferimenti. Mentolato, sensazioni dolci, frutta secca, una malvasia? Macchè! Macerato 8 giorni in tini aperti, poi maturato per il 60% in botti grandi e il restante in barrique. Vino incredibile, amaro, secco, tannico, lunghissimo. Ho perso ogni certezza. E pure le parole. Adesso temo seriamente i due vini che mancano.
Ribolla gialla 2009 - Dario Princic, vignaiolo a tempo pieno dal 1993; ambra piena, consistenza da passito, sentori che ricordano il traminer, poi virano verso gli idrocarburi tipici del riesling, un pizzico di frutta secca e speziatura dolce. Presto si fa largo un fruttato d'uva incredibile. Venti giorni di macerazione si fanno sentire, polpa avvolgente, astringenza presente che si confonde con la freschezza tipica del vino bianco. Ma questo non è un vino bianco, Stanko e Dario li chiamano "i nostri orange-wine, come diciamo agli americani". E negli Stati Uniti sta crescendo il gruppo di appassionati di questo vino unico. Eppure in sala ieri eravamo circa in 55 su 60 a non aver mai assaggiato una Ribolla di questo genere. La reperibilità? Il prezzo? Non lo so, forse li abbiamo snobbati, ora non ne posso più fare a meno. Perchè c'è il vino rosso, il vino bianco, e questa sera ho scoperto che c'è pure la Ribolla Gialla di Oslavia, terza categoria incredibilmente genuina, che si fa largo lentamente, con il passo di chi va in montagna, con la saggezza di chi ha sofferto molto e ha saputo resistere e ricostruire.
Ribolla gialla 2005 - Radikon, un pazzo. Non vi dico niente, andate a trovarlo. Anzi, andiamo a trovarlo nel centenario di quella follia che fu il 1915 per l'Italia e per il Mondo.
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