Caparsa, vini veri

La cinta milanese in terra senese. Un ritorno a casa, tra i colli e le dune vitate del Chianti Classico. Per la precisione a Radda, alla scoperta di un’azienda e di un produttore indiscutibilmente particolari. “Rari” mi suggerisce il correttore dei sinonimi di Word, e forse non ha tutti i torti. Lui si chiama Paolo Cianferoni, vignaiolo del Chianti Classico, dal 1982 alla guida dell’azienda Caparsa.


Conoscere di persona chi fa il vino, il suo pensiero, la sua famiglia, le curiosità del quotidiano contatto con la vigna, la terra e il duro lavoro della cantina, da le giuste coordinate per posizionarci di fronte a una o più bottiglie: umiltà, rispetto, ascolto e libertà. Detto questo, vi starete chiedendo perché scrivo che è una rarità nel mondo vitivinicolo di oggi aver a che fare con un Paolo Cianferoni. Ci viene in aiuto Roberto Giuliani, bravissimo e noto blogger, il quale ci ricorda che “l'azienda Caparsa è arrivata a ridurre del 70% l'uso di pesticidi contro le malattie della vite, grazie a un sistema di monitoraggio computerizzato dei dati ambientali che consente di fare pochi e mirati trattamenti a base di rame e zolfo senza molecole di sintesi, solo quando strettamente necessari. Viene praticato l'inerbimento su tutta la superficie aziendale, fondamentale per diminuire l'erosione del suolo e prevenire frane e alluvioni, mentre in vigna si applica il sovescio, ovvero un metodo di concimazione naturale effettuato ad anni alterni, che prevede la lavorazione del terreno negli interfilari per poter seminare il favino, una leguminosa in grado di arricchire il suolo di azoto, componente indispensabile per dare nutrimento alle viti. Al favino viene alternato il letame e altri prodotti organici. La raccolta delle uve viene effettuata interamente a mano e in cantina si utilizzano solamente i lieviti indigeni“. Già solo a sentir parlare di lieviti indigeni mi torna alla mente un altro grandissimo del mondo italiano, toscano, senese, ilcinese del vino: Gianfranco Soldera. Ma della visita a Case Basse, grande privilegio concessomi, ne parlerò sicuramente un’altra volta. Torniamo a Caparsa e ai suoi meravigliosi vini: Chianti Classico Caparsino e Chianti Classico Doccio a Matteo, entrambi provenienti da due singole vigne. Paolo ci tiene a farmi notare come il suo casolare sia rimasto nei dintorni l’unico avamposto toscano circondato (e assediato) da lord inglesi, ricchi imprenditori dell’est europeo, nobiltà (decaduta?) tedesca e nuovi tycoon orientali. Di nuovo una piccola parentesi: arrivando a Caparsa da Castellina dove ero alloggiato, mi son imbattuto nelle indicazioni per Molino di Grace, nota (e brava) azienda della denominazione. Sarà stata mia profonda ignoranza, ma non posso nascondervi lo stupore quando Paolo mi ha corretto prontamente: “No, non Molino di Grace, ma Molino di Greis, sono americani loro!”. Adesso basta però, andiamo ai vini nel calice.

Chianti Classico Caparsino 2003: uvaggio sangiovese 90%, canaiolo e malvasia nera 10%. In retro etichetta noto con piacere la scritta: “vino culturale prodotto da uve di vigneti posti a 450 metri s.l.m. con metodologie biologiche indipendenti”. Un vino che è frutto, dunque, prima di tutto di un processo culturale, di un pensiero meditato che si ispira alla millenaria lezione di Tucidide per cui “nuoce piuttosto il passare ai fatti prima di aver chiarito nei discorsi le idee”. Le metodologie biologiche indipendenti si riferiscono al fatto che, pur non rientrando nell’ambito delle certificazioni ISO e affini (dal 2005 tale procedura è stata istituzionalizzata), Paolo ha un suo modo di operare assolutamente rispettoso del ciclo naturale della vite e dell’ambiente pedoclimatico che la circonda. Ma guardiamo il calice: un colore rosso rubino intenso, di una limpidezza eccezionale, con leggere venature granate. Annata dura ma che, proprio a causa delle difficoltà causate dal clima torrido, ha stimolato ancor di più Paolo nel regalarci un Chianti Classico che più classico non si può. Strepitoso al naso, ciliegia, amarena, frutta rossa con chiari cenni di confettura. Speziatura dolce che non arriva dal legno, tabacco, pepe, cannella. Acidità in perfetto equilibrio con i polialcoli e gli zuccheri, tannini eleganti, alcol ben contenuto, persistenza aromatica lunghissima. Naso-bocca perfettamente coincidente. Un gran vino, un sangiovese di territorio senza fronzoli, che ti sbatte in faccia la ruvidità e la grande eleganza di queste terre incantevoli.


Chianti Classico Caparsino 2007: annata d’eccellenza a detta dello stesso Paolo. Forse il migliore della sua trentennale produzione, sempre a suo dire. A me pare davvero grande sin dal momento del servizio, un colore che stupisce per lucentezza, un profumo che inebria la stanza di frutta rossa, di sottobosco. Grande eleganza, non c’è che dire. E ancora, di nuovo, la stessa sensazione di esser di fronte a un grande vino di territorio, espressione toscana e senese di una DOCG fin troppo bistrattata nonostante il tentato (e in parte riuscito) recupero storico della denominazione classica. In bocca una forza incredibile, una giovinezza che verrà stemperata con il tempo ma che lascerà ampiamente le sue tracce: freschezza, alcolicità, tannino. Un cavallo di razza, un vino vero, come pochi incontrati in terra chiantigiana. Non legnoso, non morbidoso e setoso, cioè finto. Ma vero, austero, duro a tratti, ma schietto ed elegante e sicuramente perfetto in abbinamento con la panzanese del Maestro Cecchini. Grande vino, da dimenticare in cantina per un decennio.

Chianti Classico Doccio a Matteo Riserva 2005: cambiamo vigna, ma l'eccellenza la ritroviamo immediatamente. Prima di venire da Paolo, ho passato la mattina in un'azienda molto famosa, che oltre a un Chianti Classico produce anche un Supertuscan blasonato e costoso. Ammetto di non esser riuscito a finire il calice, iperconcentrato e omologato, marmellatoso, pesante e finto. Ma state tranquilli, non faccio nomi. Almeno per ora. Potete immaginare la gioia di mettere al naso e poi subito in bocca questo splendido prodotto veramente toscano. Un sangiovese classico, molto giovane, si vede dai riflessi purpurei sull'unghia, si sente al naso con quella ciliegia e quella prugna che non destano sospetti. In bocca rimango colpito dalla trama fitta dei tannini, rilanciano il prodotto su un futuro non troppo lontano. Lo riprendo al naso, il ventaglio odoroso si è ampliato: liquirizia in netta evidenza, cuoio e speziatura importante. Che piacevolezza nel berlo poi, un sorso tira l'altro. Se poi ci mettiamo delle splendide pappardelle al ragù di lepre (o di cinghiale, vedete voi cari amici), qua posso chiudere e salutare tutti.

Chianti Classico Doccio a Matteo Riserva 2003: annata già incontrata con il Caparsino. Vediamo subito se c'è un legame, se c'è ancora l'evidenza di quello sforzo in vigna e in cantina per compensare l'aridità dell'annata. Ancor prima di metterlo al naso mi arrivano due sentori classici e tipici che mi aspettavo: amarena e visciola. Intensità incredibile, complessità in divenire. Nonostante il caldo nessuna traccia di surmaturazione, ma evidenti note di liquirizia, china, tabacco. In bocca temevo per l'acidità, invece eccola la nota in comune con il Caparsino, la spina dorsale del vino c'è, freschezza che fa da spalla a tutto il resto. Anche qui che piacere nel berlo, note di prugna in bocca, tannino elegante, solido. Buona mineralità e persistenza importante. Da bere subito, a volte mi chiedo perchè dovrei aspettare..per questo Doccio a Matteo non riesco ad aver la pazienza che servirebbe, qui ci vuole una fiorentina classica. O la dimenticata, ma inarrivabile, panzanese.

Chianti Classico Doccio a Matteo Riserva 1999: ultimo vino che Paolo ci lascia in degustazione, 12 anni di bottiglia, bisogna attendere un po' dopo l'apertura della bottiglia. Anche nel calice, giusto quella mezz'oretta tra racconti e curiosità. Già solo per i profumi che sprigiona nella stanza (caratteristica abbastanza comune nei vini di Caparsa questa potenza dei profumi) e per quel granato luccicante si meriterebbe un punteggio sopra i 90. Sangiovese al 100%, dimostrazione evidente che questo vitigno non ha bisogno di apporti internazionali per scrivere pagine di storia. Profumi terziari in vetrina, frutta rossa, confettura di prugna e ciliegia, cuoio, liquirizia, pepe, chiodi di garofano, viola, amarena, tabacco, china, quel pizzico di etereo. Grandissimo vino. In bocca un'eleganza davvero rara, un ventaglio aromatico perfettamente corrispondente a quello rilevato dall'olfatto, ma quello che più mi colpisce è una sensazione di equilibrio tra le durezze e le morbidezze che non è solo sensazione, è patrimonio di questa Riserva mi dice Paolo. Gustoso, bevibilità immensa, armonico. Eccellenza raggiunta, ancora una volta fatevi consigliare dal Maestro Cecchini per l'abbinamento.
Come concludere un percorso così emozionante nel sangiovese più puro e italiano che ci sia? Ah, un modo ce l'ho che mi auguro vi stuzzichi la voglia di conoscer più a fondo Caparsa e il suo condottiero, Paolo Cianferoni. Semplicemente rileggetevi il mio racconto e provate a chiedere un listino prezzi: c'è da rimanere a bocca aperta. Altro che i 30, 50, 100, 150, 200 euro dei suoi quasi vicini di casa di cui Paolo nulla ha di che invidiare. Anzi. Viva il vino, viva il Chianti Classico, viva Caparsa!

Commenti

  1. ho provato il Caparsino 2007 ieri sera, grandissimo vino!!!

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  2. Solo oggi leggo questo post. Davvero mi sono emozionato. Grazie di cuore e "Buona Comunicazione"!

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  3. Grazie a te Paolo per il tuo lavoro e per la passione che sei riuscito a trasmettermi. Chissà se ci sarai al vinitaly..in tal caso ti cercherò, sennò a presto dalle tue parti!

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